“La rosa è il profumo degli dei la gioia degli uomini orna le grazie dell'amore che sboccia è il fiore prediletto di Venere”(Anacreonte, Ode 51).
Ci sono molti momenti storici in cui è menzionata la regina dei fiori, ma una delle storie più importanti è conosciuta con il nome: “La guerra delle rose”. A metà del XV secolo, due diverse famiglie britanniche, i cui emblemi erano la rosa bianca di York e la rosa rossa di Lancaster. Oggi noi siamo certi che si trattava della rosa alba maxima e della rosa gallica officinalis.
Già dal XII secolo, si narra che il secondo nome alla rosa gallica versicolor l’aveva dato l’amante di Enrico II, chiamata “fair rosamund”, e poi, “rosa mundi”. La mitologia e tutta la storia sono intrise di simboli o emblemi araldici che contengono questo fiore.
Si narra che le rose siano state create dalla spuma del mare, che circondavano Afrodite, dea dell'amore, mentre usciva dal mare.
Un'altra leggenda racconta dell’amante Adone di Afrodite che, quando fu ferito in battaglia, dalle sue lacrime, che si erano mescolate al suo sangue, fossero cresciuti dei fiori molto profumati, rose rosso sangue.
Anche presso gli antichi romani si raccontavano molte storie sulle rose. Una delle più belle racconta che Flora, dea della primavera e dei fiori, aveva domandato agli altri dei di aiutarla a trasformare la sua amica defunta, nella regina dei fiori. Un dio le aveva ridato la vita, un'altro l’aveva immersa nel nettare, un’altro le aveva dato il profumo, un’altro il frutto, e la dea Flora le aveva donato i petali. Il risultato era stato, naturalmente, la rosa.
Gli antichi romani usavano le rose come medicina, “il profumo di rosa potrebbe diventare la medicina”.
Altre leggende narrano che i pavimenti dei piani del palazzo, dell’ultima regina della dinastia tolemaica, Cleopatra erano coperti di petali di rosa, e che il saggio Confucio nella sua biblioteca disponeva di 600 libri, su come coltivare le rose.
Sia per i greci che per i latini, il fatto che i fiori si aprissero al mattino per richiudersi al tramonto, era considerato un simbolo di sottomissione e di dolore per la scomparsa del sole, questa credenza ha fatto si che la calendula sia stata associata nel corso dei secoli ai sentimenti di dolore, noia e pena.
Secondo la leggenda Adone, figlio di Mirra e Tia, venne cresciuto da Venere (Afrodite), poiché la madre (Mirra) era stata trasformata, dagli dei, in un albero, per punizione.
Venere, che vedeva il giovane crescere, rimaneva sempre più incantata dalla sua bellezza, tanto da suscitare le ire del marito, Marte, il quale decise di mandare contro al giovane un cinghiale, affinché lo ferisse mortalmente.
Adone venne ferito, ma Venere, per proteggerlo, lo fece nascondere all’interno di una cassa e lo affidò alle cure di Proserpina, la regina degli Inferi. Proserpina, però, incuriosita dal contenuto della cassa, decise un giorno di aprirla e, alla vista di Adone, s’innamorò anch’essa del bel giovane.
Qualche tempo dopo Venere chiese a Proserpina di restituirle la cassa, ma questa si rifiutò e Venere, irritata dal rifiuto, chiese aiuto a tutti gli dei dell’Olimpo.
Un giorno Zeus, stanco della disputa venutasi a creare tra le due dee, decise che il giovane Adone dovesse trascorrere una parte dell’anno con Venere, tra i vivi, e l’altra con Proserpina, tra i morti.
Nel momento del passaggio tra la morte e la vita, però, dalla ferita di Adone iniziò a fuoriuscire del sangue, che, toccando il terreno, fece crescere una pianta chiamata “adonis”, mentre dalle lacrime versate da Venere, nel momento in cui il giovane tornava negli inferi, si generò una pianta di calendula che, come Adone, sarebbe stata destinata a periodi di vita alternati a periodi di morte.
Nell’antica Grecia il dolore veniva rappresentato da un giovane che portava con sé una ghirlanda di calendule.