Il Wax flower, detto volgarmente “fior di cera”, dovuto all'aspetto ceroso dei petali, è un piccolo arbusto perenne, che difficilmente supera i 2-3 metri di altezza, se coltivato in piena terra , appartenente alla famiglia delle Myrtaceae ed è originario dell’Australia occidentale. 
Al genere appartengono una decina di specie di arbusti sempreverdi originari dell'Australia meridionale, ma la specie coltivata di wax flower è il chamelaucium uncinatum.
Pur trattandosi di una sola specie, il successo della pianta come fiore reciso ha fatto si che venisse negli anni ibridata e coltivata selezionando varietà con fiori di colori particolari, viola, porpora, lilla ed addirittura gialli. 
Le piante di wax flower sono arrotondate, con sottili fusti ben ramificati, che danno origine ad un arbusto denso. Il fogliame è aghiforme, leggermente carnoso e coriaceo, contiene olii essenziali che lo rendono molto profumato se schiacciato, con un sentore di spezie e limone.
Tra la fine dell'inverno e l'inizio della primavera produce innumerevoli piccoli fiori, in particolare all'apice dei rami.
Piccoli e molto decorativi sbocciano a ciuffi alla base delle ascelle delle foglie o sugli apici dei rametti e prima della schiusa sembrano tante bacche rosso-rosate.
La corolla dei fiori è formata da 5 petali bianco-rosati, che fanno da corona  ad un centro a forma di piattino o di candelina di colore giallo-verde con un piccolo ma evidente pistillo simile ad uno stoppino giallo paglierino.
I fiori di wax flower sono molto resistenti anche sui rametti recisi, infatti viene molto utilizzata come fiore reciso ed è per questo coltivata in alcune zone del mediterraneo.
Prodotto in buone quantità in Israele, recentemente anche in Australia ed in California.

Il nome del fiore protea fu creato nel 1735 da Linneo, ispirato al dio greco Proteo.
Nella leggenda greca, Proteo, figlio di Poseidone dio del mare, era signore dei mari, veggente, multiforme e capace di trasformarsi in ogni cosa. La protea fu chiamata così proprio perché, da quando sboccia a quando fiorisce, si svela, diventando sempre più lontana dal suo aspetto primordiale. Cambiamento e trasformazione è l'associazione che si accosta alla protea secondo l'antico mito greco.
Il genere protea comprende diverse specie di piante ornamentali di facile coltivazione in vaso ed in piena terra.
Le piante, circa 100 specie diverse della famiglia delle Proteaceae, tutte provenienti dalla aeree tropicali africane, si diversificano per forma e dimensioni dei fiori,
anche se le più diffuse in Italia sono la cynaroides e la neriifolia.
Hanno la capacità di crescere e sopravvivere in habitat molto vari, dalle dune costiere alle catene montuose.
È interessante notare che le protee sono state descritte come “fiori di fuoco”, perché si riproducono quando gli incendi liberano il terreno dal fitto strato di foglie che soffocano i loro semi.

Producono un ampio arbusto, alto fino a 60-80 centimetri, con foglie allungate, che si sviluppano su lunghi fusti rossastri, non molto ramificati. Le foglie sono di un bel colore verde scuro, leggermente coriacee e cerose.
A partire dalla primavera inoltrata fino alla fine dell'estate tra i rami si ergono fusti non ramificati, al cui apice sbocciano grandi infiorescenze, costituite da piccoli fiorellini. Il colore e la dimensione dei fiori dipende dalla specie ed anche dalla varietà, con infiorescenze che raggiungono 25-30 centimetri di diametro, con brattee candide, rosate o rosse.

I grandi fiori della protea molto ricordano i carciofi o i cardi, con un aspetto spinoso; ogni pianta produce molti fiori. Queste particolari infiorescenze possono sopravvivere per settimane una volta recise, ed hanno un aspetto molto gradevole anche dopo essere disseccate, per questo motivo le protee vengono molto utilizzate e prodotte proprio come fiore reciso.
Nel 1896, il sud Africa ha dichiarato la protea il fiore nazionale, viene stampata su francobolli e impressa su monete.

Il lisianthus o eustoma, come si voglia chiamarlo, è una pianta relativamente giovane.
Questa pianta selvatica fu scoperta nel vicino XIX secolo negli Stati Uniti d'America ed in particolar modo in Nebraska e Louisiana. Trasportata poi nel 1805 nel Giardino di Glasgow, in Scozia, arrivò anche in Europa ma restò pressoché sconosciuta fino al 1902, anno in cui per la prima volta appaiono in un catalogo tedesco. Anche se bisognò aspettare i primi anni del 1990 per poter vedere i fiori di eustoma negli scaffali dei fioristi francesi, è in Francia che spopoleranno poi negli anni seguenti diventando uno dei fiori più popolari. 
La coltivazione commerciale di queste pianta a scopo ornamentale è iniziata solo a partire dagli anni ottanta.
Il nome del genere deriva dal greco eu” (bene) e “stoma” (bocca), per i petali disposti in maniera che chiudono e rendono bello il fiore.
L’eustoma è una pianta erbacea perenne che ha origini dall’America meridionale e dalle isole caraibiche, appartiene alla famiglia delle Gentianacee ed è composta da delle foglie ampie e basali di colore verde-bluastro, che danno un tono decorativo all’ambiente. All'estremità dello stelo troviamo i boccioli che, quando sbocceranno, diventeranno fiori con una forma a campanula. 
La eustoma grandiflorum, chiamata anche lisianthus russellianus, è una pianta originaria del Messico e dell'America del sud. Presenta fiori particolarmente attraenti e per questa ragione trova largo impiego come fiore reciso.
E' una pianta delicata e pertanto deve essere allevata in vaso, non in piena terra.
E' sicuramente la specie più popolare anche perché esistono numerose cultivars ricche di petali o con pochi petali ma molto colorati o con screziature molto particolari.
I paesi dove questi fiori sono maggiormente coltivati e dove si svolge anche una intensa attività ricerca sono la Nuova Zelanda ed il Giappone.

Il  nome gladiolus fu attribuito da Plinio il Vecchio e deriva dal termine latino gladiolum”, che significa piccola spada, dovuto alla forma delle foglie che, essendo sottili ed allungate, assomigliano alle spade corte usate dall’esercito romano che, al tempo dei romani, venivano chiamate gladio.
E’per questo che il fiore di gladiolo simboleggia la sfida amorosa, la lotta per la conquista, nonché l'amore ferito. Il fiore può anche simboleggiare l'infatuazione, poiché la sua forma a spada, fa pensare al cuore trafitto di chi dona il fiore.
Il gladiolo è una pianta conosciuta sin dall’antichità che per secoli fu mantenuta allo stato spontaneo e veniva adoperata dalle giovani donne come ornamento, per i capelli e per le vesti. Tradizionalmente si usava durante le cerimonie di nozze, le amiche della sposa, infatti, ponevano sulla loro testa una corona di fiori di gladiolo in segno di gioia per la felicità dell’amica e, contemporaneamente, la corona rappresentava anche il senso di tristezza per la separazione dall’amica stessa.
Solo a partire dalla metà dell’Ottocento il fiore iniziò ad esser preso in considerazione dai botanici, che incominciarono a creare bellissimi ibridi dagli splendidi colori.
I gladioli sono tra le bulbose più apprezzate per il loro fiore reciso. Originari del Mediterraneo e dell'Africa, nell'arco dei decenni i gladioli sono stati ibridati e selezionati fino ad ottenere fiori di qualsiasi colore, dal bianco candido al giallo oro, dal lilla al viola, dall'azzurro al blu intenso, comprendendo anche fiori maculati o striati. Quelli che vengono coltivati nei nostri giardini, o che troviamo dal fiorista, sono tutte varietà ibride, che hanno origine dall'incrocio di alcune specie i origine africana. In Italia esistono allo stato naturale meno di una decina di specie, diffuse soprattutto nelle regioni costiere. I gladioli da giardino producono lunghe foglie nastriformi, appiattite, leggermente carnose e coriacee, erette, lunghe dai 25-35 centimetri delle varietà nane, fino ai 100-120 centimetri delle varietà più grandi. In primavera inoltrata al centro delle foglie si sviluppa un alto fusto carnoso, che porta una lunga spiga di grandi fiori variamente colorati, che sbocciano a partire dalla parte bassa della spiga.

La curcuma è una pianta erbacea perenne, originaria dell'Asia meridionale.
Nel nostro Paese è molto conosciuta ed apprezzata per il suo gusto particolare, che riscontriamo nelle diverse preparazioni di curry e per le sue proprietà benefiche. 
Come ogni pianta può contare però su un preciso significato nel linguaggio dei fiori e delle piante.
La curcuma è una pianta tipica delle zone tropicali ed il suo aspetto l’ha portata in passato ad essere considerata dagli esploratori come lo zafferano d’Oriente. Buona parte del suo significato dipende da questo fattore e dalla traduzione stessa del nome arabo“kurkum”, che letteralmente è sinonimo di zafferano. Una scelta presumibilmente nata dalla preziosità di questa pianta che, non solo tutt'ora viene utilizzata come spezia in cucina, ma anche come ottimo antibiotico naturale. Non dobbiamo infatti dimenticate che la curcuma è uno degli ingredienti naturali più comuni della medicina ayurvedica e tradizionale cinese.
Queste grandi piante, grazie al loro rizoma, crescono in un clima tropicale e possono raggiungere più o meno il metro e mezzo di altezza.
Le larghe foglie verdi, lanceolate e disposte su due file opposte, si dipartono dalla base del terreno e sono caduche. I fiori sono di color giallo chiaro o rosa, raggruppati in una gemma apicale.
Il suo significato è molto semplice: esso simboleggia il sole e, come tale, o meglio, in ricordo di questo elemento, è stato utilizzato per millenni dalla cultura vedica indiana ed in altri rituali indù. Per molti anni è stata utilizzata per accrescere l’effetto mistico delle danze sacre. Anche se, va ammesso, molto difficilmente in occidente viene utilizzato come fiore reciso da inserire in un contesto più ampio, a meno che non lo si coltivi appositamente, o non venga fatto arrivare specificatamente in occasione di cerimonie importanti. Negli ultimi anni questo fiore settembrino sembra infatti aver conquistato la curiosità di molte spose che sembrano gradire particolarmente l’effetto della fioritura come complemento negli addobbi. L’effetto che viene a crearsi è infatti spettacolare nella sua semplicità.

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