La curcuma è una pianta erbacea perenne, originaria dell'Asia meridionale.
Nel nostro Paese è molto conosciuta ed apprezzata per il suo gusto particolare, che riscontriamo nelle diverse preparazioni di curry e per le sue proprietà benefiche. 
Come ogni pianta può contare però su un preciso significato nel linguaggio dei fiori e delle piante.
La curcuma è una pianta tipica delle zone tropicali ed il suo aspetto l’ha portata in passato ad essere considerata dagli esploratori come lo zafferano d’Oriente. Buona parte del suo significato dipende da questo fattore e dalla traduzione stessa del nome arabo“kurkum”, che letteralmente è sinonimo di zafferano. Una scelta presumibilmente nata dalla preziosità di questa pianta che, non solo tutt'ora viene utilizzata come spezia in cucina, ma anche come ottimo antibiotico naturale. Non dobbiamo infatti dimenticate che la curcuma è uno degli ingredienti naturali più comuni della medicina ayurvedica e tradizionale cinese.
Queste grandi piante, grazie al loro rizoma, crescono in un clima tropicale e possono raggiungere più o meno il metro e mezzo di altezza.
Le larghe foglie verdi, lanceolate e disposte su due file opposte, si dipartono dalla base del terreno e sono caduche. I fiori sono di color giallo chiaro o rosa, raggruppati in una gemma apicale.
Il suo significato è molto semplice: esso simboleggia il sole e, come tale, o meglio, in ricordo di questo elemento, è stato utilizzato per millenni dalla cultura vedica indiana ed in altri rituali indù. Per molti anni è stata utilizzata per accrescere l’effetto mistico delle danze sacre. Anche se, va ammesso, molto difficilmente in occidente viene utilizzato come fiore reciso da inserire in un contesto più ampio, a meno che non lo si coltivi appositamente, o non venga fatto arrivare specificatamente in occasione di cerimonie importanti. Negli ultimi anni questo fiore settembrino sembra infatti aver conquistato la curiosità di molte spose che sembrano gradire particolarmente l’effetto della fioritura come complemento negli addobbi. L’effetto che viene a crearsi è infatti spettacolare nella sua semplicità.

Questa piccola e dolce pianta governata dal sole è una delle erbe officinali più conosciute, considerata fin dall’antichità per le sue potenti qualità terapeutiche.
L’importanza simbolica di questo fiore è conosciuta fin dalla notte dei tempi. Si è scoperto, infatti, che nell’imbottitura della mummia del faraone Ramses II erano presenti tracce del suo polline, probabilmente per propiziare ed infondere forza e calma nel viaggio di passaggio verso l’aldilà.
Da sempre è consigliata da naturalisti e medici. Dioscoride (I secolo d.C.) la raccomandava per le sue proprietà emmenagoghe (favorenti la mestruazione), confermate anche dalla fitoterapia moderna.
Le sue funzioni terapeutiche aiutano a rinforzare la muscolatura dell’utero. Questo è ciò che racconta il suo stesso nome (camomilla matricaria): “matricaria”, deriva da “matrix”, che significa “utero” e da “mater” cioè “madre”.
Il nome italiano di “camomilla” deriva dal tardo latino “chamomilla”, a sua volta adattamento dal greco: “khamaimelòn”, dall’avverbio “chamain”, “a terra” e per estensione “piccolo” o “nano” e da “melòn”, cioè “mela”. Dunque “piccola mela” per il profumo dei fiori simili a certi pomi di mela selvatica.
In lingua spagnola il significato tradotto è “manzanilla” cioè “melettina”.
La camomilla era ritenuta, dai giardinieri del passato, capace di sanare le altre piante sofferenti e più deboli. Era sufficiente che i suoi cespugli venissero collocati in prossimità degli arbusti e degli alberi malati per vedere già dopo poco tempo risultati soddisfacenti.
Al fiore di camomilla viene attribuito il significato di forza nelle avversità, probabilmente per le note proprietà rilassanti degli infusi a base dei suoi fiori. In Italia ne crescono spontaneamente molte varietà. I fiori sono ricchi di proprietà attive di carattere riposante e rilassante.

Sia per i greci che per i latini, il fatto che i fiori si aprissero al mattino per richiudersi al tramonto, era considerato un simbolo di sottomissione e di dolore per la scomparsa del sole, questa credenza ha fatto si che la calendula sia stata associata nel corso dei secoli ai sentimenti di dolore, noia e pena.
Secondo la leggenda Adone, figlio di Mirra e Tia, venne cresciuto da Venere (Afrodite), poiché la madre (Mirra) era stata trasformata, dagli dei, in un albero, per punizione.
Venere, che vedeva il giovane crescere, rimaneva sempre più incantata dalla sua bellezza, tanto da suscitare le ire del marito, Marte, il quale decise di mandare contro al giovane un cinghiale, affinché lo ferisse mortalmente.
Adone venne ferito, ma Venere, per proteggerlo, lo fece nascondere all’interno di una cassa e lo affidò alle cure di Proserpina, la regina degli Inferi. Proserpina, però, incuriosita dal contenuto della cassa, decise un giorno di aprirla e, alla vista di Adone, s’innamorò anch’essa del bel giovane.
Qualche tempo dopo Venere chiese a Proserpina di restituirle la cassa, ma questa si rifiutò e Venere, irritata dal rifiuto, chiese aiuto a tutti gli dei dell’Olimpo.
Un giorno Zeus, stanco della disputa venutasi a creare tra le due dee, decise che il giovane Adone dovesse trascorrere una parte dell’anno con Venere, tra i vivi, e l’altra con Proserpina, tra i morti.
Nel momento del passaggio tra la morte e la vita, però, dalla ferita di Adone iniziò a fuoriuscire del sangue, che, toccando il terreno, fece crescere una pianta chiamata “adonis”, mentre dalle lacrime versate da Venere, nel momento in cui il giovane tornava negli inferi, si generò una pianta di calendula che, come Adone, sarebbe stata destinata a periodi di vita alternati a periodi di morte.
Nell’antica Grecia il dolore veniva rappresentato da un giovane che portava con sé una ghirlanda di calendule.

E’ una pianta erbacea appartenente alla famiglia delle Asteracee, ha fusto eretto la cui altezza può variare dai 30 ai 70 centimetri e le infiorescenze sono di colore rosa o bianco.
Il termine achillea è legato al nome del celeberrimo eroe omerico, Achille.
Narra la leggenda mitologica che Achille, seguendo il consiglio del centauro Chirone, esperto di arti, scienze e medicina, usò l’achillea millefolium per curare e guarire le ferite dell’amico Telefo, re di Micene e suo alleato in battaglia, tamponandole con fiori e foglie di achillea e di tutti i suoi soldati durante la guerra di Troia.
La leggenda ha un fondo di verità in quanto la pianta è da sempre stata ritenuta un’erba medicinale d’eccellenza, conosciuta ed adoperata nel corso dei secoli per le sue proprie proprietà curative.
Il succo fresco della pianta, infatti, applicato sulle ferite agisce come disinfettante ed antiemorragico.
Nella medicina moderna l’estratto della pianta viene ancora oggi utilizzato per via del suo potere coagulante.
Consapevoli delle sue qualità, in passato, i contadini avevano l’abitudine di portare con se alcuni gambi di achillea, in modo da poterla avere a disposizione in caso di piccole ferite durante il lavoro.
In Cina, i suoi filamenti vengono adoperati per predire il futuro per mezzo della composizione del diagramma Ching, in questo caso l’arte divinatoria di predizione si chiama achilleomanzia.
L’achillea è una pianta originaria del continente europeo, ma cresce in tutte le zone temperate fino ad un’altezza di circa 2.500 metri, preferibilmente in luoghi assolati e su terreni aridi e ricchi di acidità. Nel nostro Paese è presente pressoché in tutte le regioni.
L’achillea è nota popolarmente con molte altre denominazioni: erba de feridas, erba dei somari, erba dei tagi, erba del marchese, erba del soldato, erba pennina, millefoglio, stagnasangue, stagnadora ecc.

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