La Stella di Natale era coltivata dagli Indios e dagli Aztechi, che la conoscevano col nome di “cuetlaxòchitl” e la consideravano simbolo di purezza. In tempi molto antichi le foglie colorate della pianta venivano utilizzate dagli indigeni per tingere le stoffe, mentre il lattice estratto veniva adoperato come insetticida.
Sulla nascita della poinsettia esistono numerose leggende, tutte provenienti dal suo paese d’origine come dal suo paese d’origine proviene anche l’uso di regalare la pianta nel periodo di  Natale.
In Messico la poinsettia viene chiamata “flores de la Noce Buena” (fiori della Notte Santa), tale nome lo si deve ad un’antica leggenda secondo la quale durante la vigilia di Natale una bambina, in fondo alla cappella di una chiesa, pregava in lacrime il Signore di aiutarla a dimostrare il proprio affetto a Gesù in quanto essendo troppo povera non aveva niente da offrirgli. All’improvviso a suo fianco apparve un angelo, che la rassicurò dicendole che Gesù sapeva del suo affetto e che se proprio voleva offrirgli qualcosa sarebbero bastati i fiori che si trovavano ai margini della strada. La bambina un po’ titubante uscì dalla chiesa e raccolse un mazzo dei fiori selvatici che si trovavano nei dintorni, quando rientrò in chiesa, l’angelo la invitò a posizionarle, davanti al presepe costruito dagli abitanti del villaggio, in rilievo rispetto a tutti gli altri mazzi di fiori portati dalle persone più facoltose. Le persone presenti iniziarono a mormorare contrariate, ma dopo qualche secondo vi fu un leggero bagliore i fiori selvatici portati dalla bambina si trasformarono in magnifici e sgargianti fiori rossi.
Secondo un’altra leggenda sempre di origine messicana, molto simile alla precedente, si narra che furono le lacrime di un bambino, dispiaciuto di non aver potuto portare di meglio che un  mazzo di ramoscelli legati da un nastro rosso, a far trasformare dei semplici ramoscelli in uno dei fiori più belli del Messico.
Di leggende ve ne sono molte altre tutte simili, di certo sulla pianta si sa solo che furono i missionari spagnoli a farla diventare la pianta simbolo del Natale, poichè è in grado di dare il meglio di se proprio in coincidenza con tale festività.

La rosa canina, antenata delle rose coltivate, è una pianta antichissima, nata più di quaranta milioni di anni fa.
Datano a quel tempo infatti i reperti fossili di questo fiore ritrovati nel Colorado e nell´Oregon.
Un fiore quindi molto resistente, che ha passato indenne secoli e secoli, differenziandosi in varie specie.
Una delle leggende più interessanti, legate a questa pianta, vede come protagonista il dio romano Bacco. Essa racconta che il dio del vino si innamorò di una ninfa e che come era solito fare tentò di conquistarla. Spaventata ella fuggì lontano correndo fino a che non inciampò in un cespuglio che sembrava non volerla lasciare andare. Nonostante i suoi tentativi di continuare la fuga essa venne raggiunta. I due giacquero insieme ed una volta conclusosi l’atto tra i due, Bacco ringraziò il cespuglio trasformandolo in una rosa, con i fiori dal colore rosato delicato, lo stesso delle guance della ninfa.
Fu poi Plinio il Vecchio a diffondere la credenza che il decotto delle sue radici fosse un utile rimedio contro la rabbia trasmessa dai morsi dei cani.
Nel 1700 Linné, attribuì a questa rosa l’appellativo “canina”.
Fin dall’antichità le popolazioni le hanno sempre attribuito un doppio valore. Sono infatti state sempre considerati i suoi fiori per la loro bellezza e per il profumo dei boccioli delle sue rose, ma al contempo la pianta stessa veniva vista con un certo timore per via del suo tronco e dei suoi rami pieni di spine molto appuntite e piccole.
Una simbologia di bellezza e dolore, che all’interno del linguaggio dei fiori si traduce da una parte in delicatezza e piacere, ma dall’altra in sofferenza e dolore fisico. Un quadro che si adatta particolarmente ad un amore tormentato.
Un sentimento di quelli che stritolano il cuore e che se da una parte ti scaldano l’animo, dall’altro spesso sono così difficili da gestire che lo star male è quasi una caratteristica insita.
Questa pianta, attualmente, fa parte dei fiori di Bach e ne viene fatto ampio uso nella medicina naturale attraverso la fitoterapia.

Il ranunculus asiaticus con tutta probabilità giunse in Europa all’epoca delle Crociate (quindi dal XII al XIII secolo).
In particolare si sa che fu Luigi IX, in ritorno dalla Terra Santa, ad introdurli in Francia: all’epoca però non furono apprezzati in maniera particolare, forse per scarsa conoscenza del metodo colturale.
Si dovette aspettare fino alla metà del 1600 perché qualcuno cominciasse ad apprezzarli e a diffonderli. In particolare l’imperatore ottomano Maometto IV fu un grande appassionato di floricoltura. Diede vita ad una vasta raccolta delle varietà più belle (che fece ricercare in tutta l’Anatolia, in Persia, sull’isola di Rodi e di Creta) che, clandestinamente, giunsero anche in Europa, nel sud della Francia.
Il ranuncolo deve il suo nome proprio alla comunissima rana, questo per la predilezione che il ranuncolo ha nei riguardi dei luoghi paludosi ed umidi, proprio come l'animale.
Esistono diverse varietà di colori, i ranuncoli sono fiori molto gradevoli e colorati, che somigliano a roselline gialle, rosse, rosa, salmone, oro, bianche o arancioni. Sono fiori in grado di trasmettere allegria e colore, di ornare e decorare determinati punti del giardino o del terrazzo con bellezza ed originalità.
Secondo le leggende, un mitologico coyote stava alzando lo sguardo in alto, quando un'aquila piombò addosso e li catturò. Il racconto prosegue dicendo che il coyote utilizzò i ranuncoli come suoi occhi. Uno dei nomi del fiore è “occhi di coyote”, proprio per questo motivo.
Si dice che il fiore esprima il messaggio, Sono abbagliato dal tuo fascino.
Le parti verdi del ranuncolo contengono liquidi molto velenosi. L'uomo deve prestare particolare attenzione al succo che appunto esce da questa pianta perché il contatto con gli occhi può provocare seri problemi alla pupilla ed il contatto con la pelle causa spesso dermatiti. Il pericolo però svanisce se le parti vengono tagliate e seccate e non presenta in ogni caso alcun problema al tatto. Questa pianta costituisce invece un pericolo maggiore per i gatti.

Il nome primula deriva dal latino “primis”, ovvero “primo”, perché la primula è uno dei primi fiori che nascono dopo le candide e gelide nevicate, quando il manto bianco scompare e nei prati comincia a crescere l’erba novella. Il suo nome significa quindi “primo fiore”, oppure “colei che sboccia per prima”, ed anche “fior di primavera”.
Le
 leggende narrano che la primula sia un potere nel mondo delle fate, la quale consente di vedere questo strabiliante universo. Le leggiadre fatine, infatti, sono molto affezionate ai fiori, prendendosene cura, sorvegliando il loro ciclo vitale.
Secondo varie storie, ovunque ci siano dei prati di primule, ci saranno sicuramente anche delle
fatine e per poterle vedere basta mangiare questo potente fiore. Per questo motivo le primule vengono considerate come una magia, poiché consentono di rendere l'invisibile visibile. L'invisibile può essere colto toccando la roccia di fata, con un numero appropriato di primule, dove si aprirà la porta verso il loro mondo incantato. Chi utilizza invece un numero errato e ingiusto di primule, rischia di incrociare la rovina. A questo punto l'uomo si pone la domanda chiedendosi quante primule bastano per conoscere il mondo fatato, ma all'essere umano non è consentito sapere!
Oltre alla leggenda legata al mondo delle fate, noi umani conosciamo altre due storie riguardo alle primule.
La
 prima interessa la figura di San Pietro, un uomo molto religioso e pio, al quale il Signore affidò le chiavi del Regno dei Cieli. La storia narra che Gesù chiese al santo un nuovo mazzo di chiavi del Paradiso; quest'ultimo lanciò le sue chiavi dal cielo e cadde in una zona settentrionale d'Europa. Lì apparve la prima specie di primula e, data la sua forma, venne chiamata mazzo di chiavi.
La
 seconda storia è legata agli elfi, in cui si racconta che le primule abbiamo un ruolo ideologico tra il mondo terrestre ed il mondo della luce. Si narra che proprio su un prato di primule gialle, sbocciò l'amore tra il re degli elfi ed una donzella terrestre, moglie di un nobile re, la quale soleva danzare tra i prati in una giornata soleggiante. Da questo impossibile amore, si racconta che sia nata la guerra tra gli uomini e gli elfi.

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