La tavola, durante il ricevimento del matrimonio, ha grande valenza, così come tutti gli altri dettagli del giorno più importante degli sposi. Le decorazioni ed i centrotavola devono essere molto curati per rispecchiare la personalità degli sposi e lo stile adottato. Che sia romantico, country, minimalista, divertente, originale, con frutti di stagione, candele e/o contenitori di vetro, il centrotavola è protagonista per far sì che il giorno più bello degli sposi, risulti unico ed indimenticabile.

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Gli accessori floreali, insieme ai fiori degli addobbi, sapientemente selezionati, contribuiranno a legare in modo armonico ogni momento del vostro matrimonio, trasformando qualsiasi allestimento floreale in un'esperienza sensoriale unica ed irripetibile, abbellendo ulteriormente la figura della sposa ed essere il linea con il tema del matrimonio e lo stile, definendone l'unicità. Sono infatti i dettagli a fare la differenza: bouquet e corsage per la sposa, delicate coroncine e braccialetti floreali per le damigelle, bottoniere per lo sposo ed i testimoni, il cuscino portafedi floreale, ecc.

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Il genere viburnum appartenente alla famiglia delle Caprifoliaceae e comprende circa duecento specie di arbusti di dimensioni varie, decidui o sempreverdi, originari dell'Asia e dell'Europa. Nel nostro paese crescono spontanei nei boschi di querce il viburnum opulus (palla di neve) ed il viburnum tinus.
Il nome ha origini antiche e precisamente latine. Deriva infatti dalla parola “viere”, verbo che significa realizzare un intreccio, e da “vovorna”, cioè di zone selvatiche.
La denominazione fa quindi riferimento alle peculiarità proposte da questa pianta molto diffusa, che presenta dei rami estremamente flessibili, eppure particolarmente resistenti. Nell'antichità, infatti, i rami venivano usati a mò di frusta. Una fiaba boèma racconta di un giovane di nome Lucindo che si mise in testa di diventare re e per questo lasciò la famiglia per seguire un mercante ebreo.
In un paese deserto nel quale capitò per caso con il compagno, Lucindo fu messo alla prova dagli spiriti dei defunti. Lui fu generoso e caritatevole e diede sepoltura ai corpi delle anime tormentate. Allora, sulla tomba ancora fresca, crebbe un cespuglio dai fiori bianchi ed un pettirosso fatato disse a Lucindo che quei fiori di viburno l'avrebbero reso invincibile.
Il giovane ne colse qualcuno e proseguì il cammino, finché non giunse in un regno che aveva perduto da poco il re ed era governato da dodici savi. Su quel Paese gravava però la minaccia di un terribile drago con dieci teste, al quale ogni anno andavano sacrificati dieci giovinetti.
Lucindo si offrì di andare ad affrontare il drago e, fiducioso nella sua invulnerabilità, per dieci volte decapitò la mostruosa creatura con il solo aiuto di un semplice bastone.
Il popolo lo acclamò con tutti gli onori e lo fece re. L'amico ebreo rimase al fianco di Lucindo come consigliere. Ed ogni decisione importante venne sempre presa dai due passeggiando in giardino: una rigogliosa macchia di viburni che in primavera fioriva di nuvole bianche ed in autunno si copriva di bacche vermiglie. 

Il bouquet è uno degli accessori principali della sposa, la scelta di quest'ultimo dovrà seguire lo stile adottato per il resto degli addobbi e, aspetto fondamentale, dovrà essere coordinato all'abito nuziale, in quanto è un accessorio complementare e non a se stante.
Heliconia events, non lasciando mai nulla al caso, pone molta attenzione allo stile, il carattere, la personalità, i desideri della futura sposa e del suo abito, per far si che il bouquet realizzato sia unico ed emozionante.

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La scelta della Chiesa per il proprio matrimonio, forse è il primo passo della coppia verso le nozze. Ogni luogo sacro suscita il proprio impatto emotivo e possiede uno stile ben definito. Gli addobbi floreali devono essere coerenti con lo stile architettonico della Chiesa adottata, alla luce, ai colori presenti, agli arredi, ecc.

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L’albero di pesco è originario della Cina, dove lo si può ritrovare ancora allo stato selvatico. Gli splendidi fiori che produce questo albero sono stati oggetto di poesie, canzoni e quadri celebri.
La sua storia è molto antica, addirittura nell’antico Egitto era una pianta che produceva frutti sacri ad Aprpocrate
 il dio del silenzio e dei bambini, ma fu grazie ad Alessandro Magno che nel I secolo d.C. arrivò a Roma, l’imperatore se ne innamorò, per lo splendore dei colori dei suoi fiori e per la bontà dei suoi frutti, quando lo vide per la prima volta in Persia. Per la produzione, il primato va agli Stati Uniti, seguiti dall'Italia, Spagna, Grecia, Cina e Francia. In Italia i primi pescheti risalgono agli inizi dell'ottocento.
Un’antica leggenda narra che il nome della pianta derivi da “
pescare“, questo perché sembra che un pescatore, il quale dopo aver tirato a riva con fatica un grosso pesce, trovò nel suo ventre uno strano e grosso nocciolo, incuriosito decise di piantarlo dinanzi la sua capanna, dopo qualche mese nacque un alberello che nei mesi primaverili si vestì di graziosi fiori dalle sfumature rosee. Il primo frutto che ne derivò fu chiamato pesca, in omaggio della sua provenienza.
Nella mitologia cinese il pesco è il simbolo dell’immortalità, perché, in Cina, si crede che nutrendosi del frutto di questo albero, questo preservi il corpo dalla corruzione.
La tradizione è così diffusa che si vuole che gli immortali taoisti si nutrivano di pesche oppure di fiori di pesco.
Shoi Xing è il dio della longevità e della salute. Originariamente era un saggio che, mangiando delle pesche magiche, ottenne l’immortalità. Viene raffigurato come un vecchio, con la testa che richiama la forma di una pesca, calvo e con una lunga barba, con in mano una pesca.
Le credenze non tralasciano nemmeno il legno della pianta di pesco, questo, lavorato in forma di spada, è usato dai monaci per effettuare gli esorcismi e gli oggetti d’arredo scolpiti in legno di pesco, oltre alla funzione decorativa, assumono una funzione di protezione della famiglia, della casa, dai pericoli della vita e dai fantasmi.

Il nome generico “leucanthemum” deriva da due parole greche “leukos”, che significa bianco ed “anthemon”, che significa fiore, per il colore dei fiori ligulati simili a petali.
L’origine della margherita risale a più di quattromila anni fa. Sono stati ritrovati reperti di antiche ceramiche così decorate in Egitto e nel Medio Oriente, oltre a forcine d'oro per capelli con questi ornamenti negli scavi del palazzo minoico sull'isola di Creta.
In una leggenda celtica, gli dei avevano sparso a terra le margherite, simbolo di innocenza, per alleviare il dolore ai genitori dei bambini morti durante il parto.
Nel Medio Evo, gli agricoltori inglesi sostenevano che la bella stagione non era ancora arrivata finché non era possibile posare il piede su sette (o nove o dodici) margherite fiorite in un colpo solo nel prato.
Inoltre credevano che trapiantare quelle selvatiche in un giardino coltivato portasse sfortuna e che una ragazza avrebbe potuto sapere per quanti anni doveva ancora aspettare di sposarsi contando quanti di questi fiori erano rimasti in una manciata strappata ad occhi chiusi.
I cavalieri innamorati partivano in battaglia con addosso una margherita e le loro amate li attendevano disegnando questo fiore. Dopo avere ricevuto una proposta d’amore, era tradizione che la fanciulla rispondeva in modo affermativo ponendo una ghirlanda di margherite sul capo.
Secondo un racconto cristiano, invece, i Re Magi in viaggio capirono di aver trovato dove si trovava la Sacra Famiglia di Gesù neonato quando, dopo aver chiesto un segno in aiuto, notarono improvvisamente moltissime piccole margherite bianche nei pressi di una stalla e ne riconobbero la somiglianza con la stella cometa che li aveva condotti a Betlemme.

Le margherite sembrano avere facoltà profetiche. Da secoli gli innamorati la sfogliano per sapere se il loro amore è ricambiato ed è il simbolo della semplicità, freschezza e purezza. 

Tra le numerose credenze e leggende legate alla lavanda, una delle più antiche è legata alla dea Venere ed ai riti magici dell’amore. Grazie al suo profumo, infatti, si credeva potesse attirare gli uomini e quindi essere perfetta per gli incantesimi d’amore. Ma non solo, era usata per garantire, oltre all’amore, anche felicità, protezione, purificazione e gioia. Da queste credenze nacque la tradizione popolare con la quale si pretendeva che per assicurare felicità e prosperità alla futura sposa, le spighe di lavanda dovessero essere messe all’interno del suo corredo.
Molto diffusa in Francia è la leggenda che associa la fata Lavandula alla nascita e diffusione della lavanda in tutta la Provenza: Una bellissima fata di nome Lavandula nata fra le lande selvagge della montagna di Lure, aveva i capelli biondi e gli occhi azzurri. Lavandula, un giorno, si mise a cercare un bel posto dove andare a vivere e iniziò a sfogliare un libro di paesaggi. Ad un certo punto, si fermò sulla pagina della Provenza e cominciò a piangere alla vista delle povere terre aride e incolte. Ecco allora che tutte le sue lacrime caddero sulla pagina e finirono per macchiarla. Cercando di nascondere il danno fatto, la fata si asciugò i magnifici occhi blu ma provocò ancora più danni, spargendo le gocce di lacrime dappertutto sulla pagina. Disperata, la fata prese un grande pezzo di cielo blu sulla Provenza per dimenticare tutte le macchie. Da quel giorno, la lavanda cresce in quelle terre e le fanciulle bionde di Provenza hanno gli occhi blu con scintille color lavanda, soprattutto quando in estate, al calar della sera, si mettono a guardare il cielo che scende sui campi di lavanda in fiore.
Un’altra leggenda narra la storia di una ragazza così bella che faceva rimanere tutti senza respiro. Molti giovani la desideravano, tra questi, c'erano due balordi. Dal momento che non aveva intenzione di accettare il loro corteggiamento, decisero di costringerla a fare l’amore con loro. Un giorno la inseguirono fino alle colline, facendola cadere per terra.
Nel momento in cui le strapparono i vestiti, la ragazza presa dalla vergogna si girò verso terra e si mise a piangere. Improvvisamente, nel terreno dove le lacrime erano cadute, iniziarono a germogliare fiori blu e viola.

Questa piccola e dolce pianta governata dal sole è una delle erbe officinali più conosciute, considerata fin dall’antichità per le sue potenti qualità terapeutiche.
L’importanza simbolica di questo fiore è conosciuta fin dalla notte dei tempi. Si è scoperto, infatti, che nell’imbottitura della mummia del faraone Ramses II erano presenti tracce del suo polline, probabilmente per propiziare ed infondere forza e calma nel viaggio di passaggio verso l’aldilà.
Da sempre è consigliata da naturalisti e medici. Dioscoride (I secolo d.C.) la raccomandava per le sue proprietà emmenagoghe (favorenti la mestruazione), confermate anche dalla fitoterapia moderna.
Le sue funzioni terapeutiche aiutano a rinforzare la muscolatura dell’utero. Questo è ciò che racconta il suo stesso nome (camomilla matricaria): “matricaria”, deriva da “matrix”, che significa “utero” e da “mater” cioè “madre”.
Il nome italiano di “camomilla” deriva dal tardo latino “chamomilla”, a sua volta adattamento dal greco: “khamaimelòn”, dall’avverbio “chamain”, “a terra” e per estensione “piccolo” o “nano” e da “melòn”, cioè “mela”. Dunque “piccola mela” per il profumo dei fiori simili a certi pomi di mela selvatica.
In lingua spagnola il significato tradotto è “manzanilla” cioè “melettina”.
La camomilla era ritenuta, dai giardinieri del passato, capace di sanare le altre piante sofferenti e più deboli. Era sufficiente che i suoi cespugli venissero collocati in prossimità degli arbusti e degli alberi malati per vedere già dopo poco tempo risultati soddisfacenti.
Al fiore di camomilla viene attribuito il significato di forza nelle avversità, probabilmente per le note proprietà rilassanti degli infusi a base dei suoi fiori. In Italia ne crescono spontaneamente molte varietà. I fiori sono ricchi di proprietà attive di carattere riposante e rilassante.

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