Il nome di questo fiore deriva dal personaggio mitologico Giacinto ucciso da Apollo. Giacinto era figlio di Clio, la musa della Storia, ma piuttosto che seguire gli insegnamenti della madre, aveva preferito seguire le attività fisiche all’aria aperta, cosicché in giovane età si era distinto in molte gare e già vantava invidiabili primati: primo nella maratona di Argo e nella lotta libera, a Corinto con la gara del giavellotto, lanciandolo così lontano da strabiliare gli spettatori, compreso i giudici stessi. Certo, la vittoria di Corinto non era totalmente merito suo, poiché l’amico Zefiro aveva soffiato con violenza per allungare di molto la traiettoria del giavellotto. Giacinto veniva sempre incoraggiato e sostenuto dall’amico nei momenti di maggiore fatica, il vento lo avvolgeva e lo spingeva in avanti asciugando il sudore e alleggerendo la fatica fisica. Spesso Zefiro scomodava i fratelli per aiutarlo, e così anche Eolo soffiava alle spalle del beniamino impegnato a gareggiare.
Un giorno, il giovane incontrò per caso il possente Apollo, il quale decise di aiutarlo, dispensando generosi consigli, insegnandogli tutti i segreti del lancio; allora il giovanetto chiese cosa poteva fare per sdebitarsi con la divinità: «Onorami come merito», rispose Apollo. «Lo farò» rispose Giacinto. «Farò sacrifici solo al tuo altare».
In quel momento una folata di vento gli mosse i capelli: era Zefiro, un po’ ingelosito da quanto aveva sentito. Il suo amico non si era accorto, preso com’era dagli insegnamenti di Apollo, della presenza di Zefiro, che aveva soffiato sulle foglie secche, sollevandole spesso in aria con turbinii e folate di vento. Giacinto, nel frattempo, continuava ad esercitarsi ascoltando i consigli preziosi di Apollo e nel momento del lancio del disco la traiettoria del bronzo fu perfetta, finché Zefiro rabbioso, con il sostegno di cento altri venti, deviò il corso del disco, che curvò di scatto e come un bolide precipitò addosso a Giacinto colpendolo pesantemente alla testa. Il giovane stramazzò esanime, pallido e senza più parole.
Apollo vide il giovane riverso per terra e senza vita. Si sentiva in colpa, e invano tentò di rianimare lo sfortunato. Piangendo volse gli occhi alla vetta dell’Olimpo e pregò Zeus suo padre, di tramutare il corpo del giovane in un fiore, affinché la terrà si arricchisca ad ogni primavera di una nuova meraviglia profumata per sempre. Il generoso Zeus, ascoltò la preghiera e da quel giorno, ogni anno fiorisce il giacinto.

La gerbera prende il suo nome dal naturalista Traugott Gerber e fu introdotta in Italia soltanto nei primi decenni del Novecento.
Appartiene alla famiglia delle Composite, è originaria del sud Africa e dell’Asia orientale. 
La specie più diffusa è la gerbera jamesonii di origine sudafricana conosciuta popolarmente con il nome di margherita del transvaal, ma ne esistono circa 70 specie diverse.
Le specie spontanee, adatte ad esser piantate nelle aiuole e nei giardini, sono veramente poche, la maggior parte vengono appositamente coltivate per la produzione di fiori.
Spesso confusa con la margherita per la grande somiglianza fra i due fiori, è un fiore molto amato per i tanti colori e per la sua semplicità e bellezza. Assume diversi significati a seconda del colore dei fiori ma la sua forma trasmette sempre sentimenti vivaci e passionali.
Il suo periodo di fioritura inizia in primavera e si mantiene per gran parte dell’estate, i fiori sono di colore vivace e sgargiante e sanno ravvivare ogni ambiente, esistono gerbere di colore bianco, giallo, arancione, rosso, rosa, viola, monocromatiche oppure di doppio colore con il centro di tonalità più scura e l’esterno chiaro o viceversa, inoltre il tipo di fioritura può essere doppia o semplice.
Si è recentemente scoperto che da un punto di vista biologico sono estremamente benefiche per l’ambiente, in quanto sono in grado di svolgere un’azione depurativa dell’aria, hanno infatti la capacità di assorbire sostanze come il benzene e il tricloroetilene, e riescono tramite la loro traspirazione ad aumentare il tasso di umidità dell’aria.
Tutte queste qualità sono state scoperte solo negli ultimi decenni grazie agli studi effettuati dalla NASA, Agenzia Aerospaziale Americana.

 

Il garofano è menzionato nella letteratura greca di 2000 anni addietro. Il nome “dianthus”, gli venne dato dal botanico greco Theophrastus e deriva dai termini greci divino (dios) e fiore (anthos). Quindi, dianthus significa letteralmente “fiore degli dei”.
Alcuni studiosi ritengono che il nome garofano derivi da incoronazione o corona (ghirlanda di fiori), in quanto era uno dei fiori usati per le corone cerimoniali in Grecia. Altri pensano che il nome derivi dal latino “caro (genitivo: carnis = carne), che si riferisce al colore originale del fiore, o
incarnatio (incarnazione), che si riferisce all'incarnazione di Dio fatto carne.
Appartiene alla famiglia delle Caryophyllaceae, è molto diffuso in tutto il mondo ed essendo spontaneo in tutte le zone temperate la sua origine è generica ed incerta.
Esistono moltissime varietà di garofano e altrettanti ibridi dalle più disparate colorazioni alcune delle quali presentano screziature. Essendo presente in Europa da millenni il garofano è uno dei fiori più ricchi di storia e leggende, nella mitologia, per esempio, è il fiore sacro alla dea della caccia, Diana.
Secondo la leggenda si narra che un giovane pastore si innamorò follemente di Diana, che aveva, però, fatto il voto della verginità, questa dopo avergli dato delle false speranze d’amore lo abbandonò. Il giovane morì dalla disperazione poco tempo dopo e dalla lacrime che aveva versato per il suo amore nacquero i garofani
 bianchi. Anche nella tradizione cristiana sono presenti i garofani, si narra infatti che alla vista di Gesù in croce, la Madonna addolorata, in piedi, dinnanzi alla croce del figlio fece nascere nei punti dove le sue lacrime toccavano terra dei garofani bianchi.

La fresia appartiene al genere delle Iridacee, è un fiore originario dell’Africa Meridionale, ma non si conosce quando e come il suo trasferimento sia avvenuto. Nel nostro paese questo stupendo fiore viene coltivato con particolare cura in alcune regioni come la Liguria, ma può essere trovato in molte zone come fiore spontaneo.
Un fiore criptico ed affascinante, che da sempre ha incantato le donne, la fresia è associata mentalmente alla nostalgia ed è il fiore associato alle persone nate sotto il segno del cancro.
Il suo significato nel linguaggio dei fiori 
è vario, perché è senza dubbio considerato il simbolo dell’amicizia duratura e dell’amore platonico, ma i suoi fiori così particolari lo hanno anche reso immagine del mistero. E’ sempre stato considerato così fin dall’antichità.
Il suo profumo fa venire la nostalgia della bella stagione ed anticipa la primavera. Si dice che sia capace di distrarre le persone nate sotto il segno del sagittario.
Si dice che se piantiamo delle
 fresie nel nostro giardino un mondo magico può aprirsi davanti ai nostri occhi: con essi possiamo infatti attirare verso di noi le fate, le ninfe, i fauni e gli elfi,
avvicinandoci a questo mondo magico ed incantato.
Esiste una leggenda che parla di Antinea, nata dall’unione di esseri umani e creature del bosco e del suo compagno di giochi, il fauno Yhorus e di un viaggio alla scoperta del meraviglioso mondo delle foreste dei Fuochi di Giada.
Prima di partire per questo viaggio, Yhorus le regala una ghirlanda di fresie bianche, come simbolo della sua purezza d’animo e della forza della passione, augurandole di dissolvere, con la sua danza incantata, la tristezza e la malinconia di chi soffre.
Antinea partì, addentrandosi nella foresta del padre elfo, alla scoperta dei suoi poteri e le fresie rimasero per sempre un modo per ricordargli i luoghi in cui è cresciuta e la sua mamma umana.

Il fiordaliso appartiene alla famiglia delle Asteraceae, è una pianta originaria dell’Europa meridionale, dell’America settentrionale e dell’Asia, nonostante abbia origini antichissime. Il nome botanico, centaurea, fu attribuito alla pianta da Linneo nel 1737, tale nome trova la genesi nella figura mitologica del centauro Chirone, creatura metà uomo e metà cavallo, caro amico del re degli dei, Zeus, e maestro di molte divinità. Secondo l’antica leggenda Chirone era il centauro a cui Zeus aveva donato l’immortalità, un giorno, però, venne colpito con una freccia avvelenata, ad una zampa, da Hercules. Chirone che non poteva morire, per via della sua immortalità, e non poteva più rimettersi in piedi, a causa del veleno che aveva in corpo, riuscì, dopo una lunghissima sofferenza grazie alle sue sconfinate conoscenze a guarire, sul finire della primavera, preparando un impacco di fiori di fiordaliso appena sbocciati. Esiste anche un’altra legenda, più storica che mitologica, riguardante il fiore di fiordaliso ed è legata allo stemma araldico del regno di Guglielmo I, re di Germania, vissuto al tempo di Napoleone. Narra la leggenda che Guglielmo I, fuggendo da una battaglia, giunse in un campo di grano, dove trovò sua madre che, per calmare i bambini che erano con lei, intrecciava piccoli mazzi di fiordalisi. Al suo ritorno a corte adottò, quindi, il fiordaliso come stemma. Secondo la tradizione popolare preparare distillati con i fiori di fiordaliso sarebbe un ottimo rimedio per le malattie degli occhi.
Una sua denominazione comune in diversi stati del mondo è cìano, dal greco κύανος kýanos,“tinta blu” ma anche, appunto, "fiordaliso", sebbene il termine sia in disuso o di impiego poetico.

Si narra che la dea Flora, innamorata di Cyanus, avendolo trovato morto in un campo pieno di fiordalisi, abbia voluto che i fiori prendessero il nome del suo amato. 
Secondo la dottrina classica il fiordaliso guarisce dal morso venefico del serpente, nella simbologia medievale il fiore assume l’immagine di Gesù che ha sconfitto il demonio (serpente).

Conosciuto anche sotto il nome di “rosa di Natale”.
Attorno a questo fiore in apparenza candido, del colore della neve, sono nate molte leggende. Si racconta che un pastore di nome Melampo, indovino e guaritore, avendo osservato che le proprie pecore, si purgavano mangiando l’elleboro, pensò di somministrare lo stesso alle figlie del re di Argo, Preto. La pazzia aveva colpito le giovani principesse, esse credevano di essere diventate vacche. Melampo le guarì, come ricompensa ottenne il titolo onorifico di “purgatore”una parte del regno di Argo e la mano di una delle principesse.
Gli antichi greci ricorrevano alla frase “aver bisogno dell’elleboro” per indicare i folli, in quel tempo molti malati di mente si recavano ad Antycira, nel golfo di Corinto, che era località rinomata per la vegetazione ricca di elleboro , luogo consigliato anche dal poeta latino Orazio. Racconta la leggenda che Eracle fosse stato guarito dalla pazzia proprio grazie a questa pianta. Pare che gli antichi filosofi ricorressero ai principi di questa pianta per raggiungere uno stato ipnotico, molto simile alla meditazione profonda.
Un uso particolare ne fece Paracelso che usò le foglie dell’elleboro per la preparazione di un “elisir di lunga vita”.
Gabriele D’Annunzio, ne “La figlia di Iorio”, lo cita:«Vammi in cerca dell’Elleboro nero, che il senno renda a questa creatura».
Anche gli inglesi hanno la loro leggenda in merito all’Elleboro, pare che spargendo la polvere della radice mentre si cammina, questa abbia il potere di rendere invisibili.
Nell'antichità classica veniva utilizzata per curare la follia (la mitologia greca racconta che fu usata con ottimi risultati su Ercole, reso pazzo dalla persecuzione di Hera) e le donne particolarmente esuberanti (ninfomania). Interessante notare il breve passaggio dall'uso terapeutico su femmine esagitate e la successiva definizione di questa pianta quale "pianta delle streghe", menzionata in numerosi saggi e trattati sull'argomento.
Sempre allo scopo di tenere a freno l'esuberanza sessuale delle donne, l'elleboro veniva mescolato nelle ricette magiche con vulvaria, camomilla, lattuga velenosa (tridax agria, di cui parla anche Ildegarda di Bingen), canfora e valeriana.

E’ una pianta della famiglia delle Ranunculaceae e conta ben 250 specie erbacee tra piante annuali, biennali e perenni. Grazie alle lunghe spighe floreali in tonalità brillanti, è perfetta per decorare le aiuole e le bordure…
Il termine “delphís significa “delfino” infatti la forma a sperone (speronella) del fiore ricorda la pinna del delfino.
Il nome delphinium deriva dall’antica Grecia causa la somiglianza della loro gemma con la testa del delfino. La leggenda greca narra che una volta un giovane talentuoso, per celebrare la sua amata, scolpì una scultura e le donò l’anima facendola diventare viva. Ma gli dèi lo trasformarono in un delfino per questa oltraggiosa impudenza.
Ogni notte il delfino nuotava fino alla riva dove arrivava la ragazza, ma i due non si potevano incontrare. Però un giorno il delfino comprese il problema, si mise in bocca un fiore delicato che brillava con luce azzurra. Il delfino si avvicina graziosamente vicino alla riva e mise il fiore sui piedi della sua amata. Il fiore era simile alla testa del delfino.
Un’altra leggenda romana racconta di un uomo che viene salvato miracolosamente da un delfino. Quando i suoi amici decisero di catturare questa creatura, Nettuno lo salva trasformandolo in un fiore: il delphinium.
La specie e la varietà di questo fiore sono sorprendenti. I fiori possono essere blu, blu scuro, azzurro, viola, lilla, bianco ed in combinazione con il colore nero, il bianco, il grigio e la panna, donano a questa pianta un fascino irresistibile. Questo fiore ama il sole e non tollera alcun tipo di ombra, anche se nei giorni più caldi ha bisogno di un po d'ombra per non essere bruciato dai raggi di sole.
Fin dai tempi antichi è stato citato l’uso dei fiori e delle foglie della speronella per preparare infusi aventi proprietà diuretiche, vaso dilatatorie, antielmintiche, antinfiammatorie. L’utilizzo a scopo terapeutico della speronella, però, è stato da tempo abbandonato e le sue proprietà non sono riconosciute dalla moderna farmacologia, pertanto, ormai, è una pianta medicinale quasi completamente dimenticata. Dalla pianta si ricavano anche coloranti e inchiostro blu.

La dalia deve il suo nome ad un botanico svedese, Anders Dahl, allievo di Linneo, che riuscì a riprodurre queste piante mediante seme. La pianta in ogni caso ha un'origine più antica, essendo originaria dell'America era già conosciuta dagli Aztechi, che la conoscevano molto bene e la utilizzavano in molti modi. Costoro utilizzavano i fusti della pianta per creare delle piccole condutture d'acqua, e ne mangiavano il tubero. Il succo delle sue radici è utilizzato nella medicina tradizionale per via dei costituenti naturali, quali fosforo e potassio, che possiede in abbondanza.
E’ una pianta erbacea appartenente alla famiglia delle Asteracee e la sua altezza può variare dai 20 cm ai 2 metri. E' un fiore di origine messicana introdotto in Europa intorno al XVII secolo. 
Nel suo paese di origine la dalia, viene ancora usata per scopi culinari: il suo tubero, infatti, è utilizzato per la preparazione di alcuni piatti tipici. Anche in Europa, quando fu introdotta, aveva questa funzione ma, con il passare degli anni, per via della bellezza del suo fiore, la dalia fu man mano utilizzata per adornare case e giardini. 
I fiori della dalia offrono, a seconda della specie e del cultivar, una svariata quantità di colori, talvolta anche sfumati tra loro, che fanno di questa pianta una delle più affascinanti esistenti in natura. Se combinati tra loro, gli accesi colori dei fiori di dalia, offrono spettacolari e sgargianti composizioni molto utili anche a chi apprezza la disciplina della cromoterapia.
Quando fu introdotta in Europa divenne simbolo di dignità, ma anche di precarietà dovuto forse al fatto che rimaneva molto difficile importare questi bulbi dal Messico a causa del lungo viaggio che dovevano affrontare. E’ stata anche simbolo del buon gusto e dell'eleganza e si donava solitamente per esprimere gratitudine a chi si era prodigato per aiutare. 
Al giorno d'oggi, generalmente la dalia assume un significato positivo e si usa per esprimere un sentimento d'affetto non vincolante. Per questo motivo è un fiore che può risultare adatto per diverse occasioni. E' un fiore molto scenografico ed i vari cromatismi permettono giochi di colori ricchi di fascino.

Crisantemo è il secondo fiore più popolare nel settore floreale accanto alla rosa.
Per gli appassionati di giardinaggio, crisantemo è una bellezza di autunno, mentre per le persone coscienti di salute ed erborista, è un fiore terapeuticamente importante, popolarmente utilizzato nella produzione di tè alle erbe. Usi medicinali del tè crisantemo comprendono il trattamento di acne, mal di gola, febbre, influenza e problemi circolatori.

Chrysanthemum è un genere di piante angiosperme dicotiledoni della famiglia delle Asteraceae che comprende piante erbacee perenni o annuali, originarie di molte parti del mondo, dall'Europa alla Cina, con numerosi ibridi e varietà coltivati come piante ornamentali in floricoltura e nel giardinaggio. Sotto questo genere ci sono circa 30 specie diverse, che variano in dimensioni, forma e colore. Sulla base della fornitura di cimette, i crisantemi sono classificati in 13 modi in base alla fioritura. 
Ad esempio vi sono i crisantemi pompon, che hanno infiorescenze tonde, con disco centrale quasi assente, ed i crisantemi spider, con petali laterali molto estesi e sparpagliati.
Oltre alla tradizionale varietà di crisantemi gialli possono trovare bianco, oro, arancio, rosa, rosso, viola e screziati.
Il senso generale di crisantemo ruota attorno alla espressione di gioia, amore, ottimismo e lunga vita.
Ad esempio, un crisantemo bianco denota il vero amore e la verità, un crisantemo giallo trasmette amore offeso ed un crisantemo rosso amore semplicemente espresso.
Tuttavia, si possono trovare vari significati di fiori di crisantemo in luoghi diversi.
Tradizionalmente, la simbologia del fiore del crisantemo significa ottimismo ed allegria negli Stati Uniti, invece è un fiore di morte in Europa, difatti è molto usato ai funerali.
Secondo le credenze mitologiche, mettendo un crisantemo sotto un bicchiere di vino vi darà una vita sana e lunga.

Un secolo fa, viveva un potente imperatore della Cina, che non aveva paura di niente, tranne l'età, era ossessionato dal desiderio di governare e vivere il più a lungo possibile. Così chiamò il suo medico e gli ordinò di trovare un farmaco che lo avrebbe tenuto sempre giovane. Il povero medico dopo una lunga riflessione, temendo per la sua vita, si fermò davanti al re e disse: «Oh, signore possente, potrei fare un elisir da un tipo di fiore, ma quel fiore nasce molto lontano, all’est».
«Ordinerò subito di portarmi quei fiori», disse il re gioioso.
«Ma non è così facile», sospirò il dottore. Tutto il segreto consiste nel fatto che l'elisir è efficace solo con un uomo di cuore puro. Il medico sapeva che né l'imperatore né i suoi servi soddisfacevano questo requisito, ma si sbagliava pensando che questo avrebbe scoraggiato l'imperatore.
L' imperatore non si arrese, trovò ben 300 ragazzi e ragazze, sapendo che i fanciulli sono puri di cuore e gli caricò insieme al medico sulla nave imperiale, mandandoli a raccogliere i fiori per fare l'elisir. Navigarono a lungo, finché, su una delle isole giapponesi, trovarono il bellissimo fiore del crisantemo, allora il medico disse: «Non so se questo fiore è adatto per l'elisir, ma guardandolo ti fa sentire il cuore e l'animo giovane!». Il saggio medico che conosceva la crudeltà dell'imperatore e sapeva che avrebbe ucciso sia lui che i bambini, credendo che loro, avendo provato l’elisir, sarebbero vissuti più di lui, decise di non tornare in Cina con i suoi giovani compagni. Così formarono un nuovo Stato, dove continuarono a vivere ed il simbolo della loro vita fu il crisantemo.

Il nome in greco vuol dire "fiore d'oro". In Corea ed in Cina il crisantemo è il fiore dei festeggiamenti, mentre in Giappone è il fiore nazionale. 
Il significato del crisantemo è legato al concetto di morte. Nella gran parte dei paesi orientali, compresi Cina, Giappone e nei paesi anglosassoni è invece simbolo di gioia, vitalità e pace.

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