Un’antica leggenda indiana racconta che una volta il cielo era abitato da tanti soli. Ma un giorno si fecero la guerra e tutti, tranne uno, caddero in mare e non brillarono più. Anche il più piccolo, quello che era appena nato, fu ucciso. Il mare però, ebbe pietà di lui, gli diede una nuova vita e lasciò che ogni notte risorgesse per vivere tra le stelle. E’ appena visibile, come l’astro più piccolo, ma i raggi che emana hanno l’intensa dolcezza del suo desiderio di vivere. Anche la terra sentì amore per lui e dedicò un fiore: il fiore di loto.
Quando il giorno risplende, il loto nasconde il suo fragile volto al sole, troppo caldo e violento per la sua leggerezza ed attende che nella notte quel piccolo sole, appena visibile in cielo, illumini con il suo desiderio la terra. Allora si solleva a quella tenera carezza di luce e si apre come la più vera promessa d’amore per quel sole che era morto ed è rinato.

Chiunque abbia mai osservato un fiore di loto che emerge da uno stagno torbido, non può non aver notato la bellezza di questa meravigliosa pianta. Il candore del fiore viene messo ancora più in evidenza dall’acqua stessa: proprio per questo il fiore di loto è associato alla purezza ed alla bellezza rispettivamente nelle religioni del buddismo e dell’induismo.
Questa pianta era associata alla rinascita, visto che si chiude di notte ed emerge al sole di giorno. Per questo motivo, il fiore di loto veniva collegato al sole ed alla creazione: non a caso in molti geroglifici è raffigurato mentre emerge dalla “nun (l’acqua primordiale), da cui emerse anche il dio Sole.
Essendo associato alla rinascita, non stupisce che il fiore di loto fosse collegato anche alla morte: il famoso libro egiziano dei morti include incantesimi che sono in grado di trasformare una persona in loto, consentendone così la resurrezione. Nel buddhismo il fiore di loto è noto per essere associato alla purezza, al risveglio spirituale ed alla fedeltà. È considerato un fiore puro in quanto è in grado di nascere perfettamente pulito dalle acque torbide.
Nell’induismo il fiore di loto ha un significato associato alla bellezza, alla fertilità, alla prosperità, alla spiritualità ed all’eternità. La tipologia più comune nelll'induismo è quella bianca.

Il nome dice tutto, deriva dal greco “kalos” e significa “bellezza”.
L'origine della calla e del suo significato, affonda le radici nel mito e nelle storie delle divinità antiche.
Secondo un’antica leggenda greca, dal seno di Era, la divinità del matrimonio, fuoriuscirono alcune gocce di latte, alcune caddero sulla terra e da esse nacque la prima calla, altre furono spruzzate verso l’alto, finirono in cielo, dove formarono la Via Lattea. Per la cultura greca, quindi, la calla era un indiscusso simbolo di femminilità e prosperità.
Al contrario, invece, la tradizione popolare romana le attribuiva un significato decisamente erotico e sensuale, a causa dell'esuberante spadice che si trova al centro del fiore. La calla, quindi, era considerata simbolo fallico, emblema di mascolinità e di virilità.
Secondo un'antica leggenda, infatti, sarebbe stata Venere stessa a maledire il fiore, a causa della sua eccessiva bellezza. Come conseguenza di questa maledizione divina, si formò lo spadice centrale, così da renderla più brutta e sgraziata. 
Anche per la religione cristiana, la calla è simbolo di bellezza e perfezione, nonché di purezza. Molte sono le tradizioni popolari che riconducono il fiore alla figura della Vergine Maria, intesa come emblema di virtù.
Allo stesso modo, alcune leggende narrano di come siano state le lacrime di Eva, cacciata dal Paradiso Terrestre, a fare nascere il fiore.
La tradizione cristiana, però, è la prima ad associare il fiore al mondo dei defunti e dell'oltretomba, facendo diventare la calla significato di vita eterna. Soprattutto nella sua variante viola. Scolpita sulle lapidi commemorative, affrescate sulle pareti di chiese ed edifici religiosi, la calla diventa il fiore di chi ha lasciato prematuramente la vita.

Sia per i greci che per i latini, il fatto che i fiori si aprissero al mattino per richiudersi al tramonto, era considerato un simbolo di sottomissione e di dolore per la scomparsa del sole, questa credenza ha fatto si che la calendula sia stata associata nel corso dei secoli ai sentimenti di dolore, noia e pena.
Secondo la leggenda Adone, figlio di Mirra e Tia, venne cresciuto da Venere (Afrodite), poiché la madre (Mirra) era stata trasformata, dagli dei, in un albero, per punizione.
Venere, che vedeva il giovane crescere, rimaneva sempre più incantata dalla sua bellezza, tanto da suscitare le ire del marito, Marte, il quale decise di mandare contro al giovane un cinghiale, affinché lo ferisse mortalmente.
Adone venne ferito, ma Venere, per proteggerlo, lo fece nascondere all’interno di una cassa e lo affidò alle cure di Proserpina, la regina degli Inferi. Proserpina, però, incuriosita dal contenuto della cassa, decise un giorno di aprirla e, alla vista di Adone, s’innamorò anch’essa del bel giovane.
Qualche tempo dopo Venere chiese a Proserpina di restituirle la cassa, ma questa si rifiutò e Venere, irritata dal rifiuto, chiese aiuto a tutti gli dei dell’Olimpo.
Un giorno Zeus, stanco della disputa venutasi a creare tra le due dee, decise che il giovane Adone dovesse trascorrere una parte dell’anno con Venere, tra i vivi, e l’altra con Proserpina, tra i morti.
Nel momento del passaggio tra la morte e la vita, però, dalla ferita di Adone iniziò a fuoriuscire del sangue, che, toccando il terreno, fece crescere una pianta chiamata “adonis”, mentre dalle lacrime versate da Venere, nel momento in cui il giovane tornava negli inferi, si generò una pianta di calendula che, come Adone, sarebbe stata destinata a periodi di vita alternati a periodi di morte.
Nell’antica Grecia il dolore veniva rappresentato da un giovane che portava con sé una ghirlanda di calendule.

Appartiene alla famiglie delle Araceae, è una pianta erbacea proveniente dalle foreste pluviali del centro e sud America.
Il nome anthurium deriva dal greco “
ánthos”, “fiore”, ed “ourá”, "coda", significa “fiore di coda”, ma è noto anche come il “cuore delle Hawaii”, il “fiore fenicottero”, ecc.
L'anthurium si trova in molti colori come il rosso, il bianco, il rosa ed altri colori variegati. Questi fiori sono i migliori regali per tutte le occasioni.
La bellezza dell'anthurium è stata elogiata nei secoli anche da molti poeti.
E’ associato da sempre ai più alti sentimenti come “amore” ed “amicizia” ed è  per questo, che è uno dei fiori più regalati nel giorno di San Valentino. Sono proprio questi due sentimenti, a donargli la giusta importanza, rendendolo simbolo ideale e fisico della loro essenza.
Secondo la leggenda infatti, nell’antica Grecia, i fiori di anthurium erano le frecce di Cupido, ovvero del dio dell’amore, il quale riusciva a far innamorare le persone.

La sua forma a cuore aperto è unica nella sua natura tropicale: questa ci dice tutto del significato di questo fiore. I fiori dell'anthurium simboleggiano l'ospitalità ricevuta dalla forma del fiore a cuore aperto: significa semplicemente benvenuto!
A parte la sua forma a cuore aperto, l'aspetto esotico e convincente di questo fiore rosso e lucido significa bellezza eterna e seducente.
Se inviate dei fiori di anthurium ad una ragazza, potrete raccontare la loro bellezza e condividerla con una persona speciale.
Se invece mettete i fiori in un vaso, quando riceverete delle persone, sarà come accoglierle a braccia aperte offrendo la vostra ospitalità.

E’una pianta appartenente alla famiglia delle Mimosaceae.
Sin dall’antichità l’albero di acacia, grazie alla consistenza estremamente dura del suo legno era considerato rappresentante della perennità, quindi, ricondotto simbolicamente alla vita eterna. Ad avvalorare tale credenza vi era anche il suo colore verde che veniva simbolicamente associato alla vita.

Nella cultura egizia l’albero di acacia aveva un valore divino, la testimonianza di tale importanza la si ritrova nel culto di Osiride. Narra l’antica leggenda che Osiride fu ucciso e fatto a pezzi dal fratello Seth. Ma la sua sposa-sorella Iside disperata a causa dell’accaduto, inizia a ricercare il corpo dell’amato ed una volta che riuscì a trovarne le membra disperse, le ricompose all’interno di una bara di legno d’acacia per farlo ritornare in vita. 
Sin dalla cultura egizia, quindi, l’albero di acacia ha assunto un valore iniziatico, di rinascita a nuova vita.
Esistono altri riferimenti antichi dell’importanza sacra dell’albero di acacia, secondo la leggenda il roveto ardente per mezzo del quale Dio si presentò a Mosè, era un’acacia e nel libro dell’Esodo, nell’Antico Testamento, si narra che Beselcel costruì l’Arca  utilizzando legno di acacia ricoperto infine con dell’oro purissimo.
Inoltre, tutti i sacri fuochi venivano fatti facendo ardere del legno di acacia e, sempre col medesimo legno, venivano create le pire sulle quali si cremavano i corpi dei re e dei sacerdoti.
Per gli ebrei era, ed è ancora oggi, l’albero che forniva il sacro legno Shittim, un legno che per le sue caratteristiche è incorruttibile, quindi l’unico degno di contenere le Tavole della Legge (patto fra Dio e l’uomo).
La sua foglia fu, inoltre, scelta anche come simbolo della  Massoneria (confraternita segreta a livello mondiale, di mutuo appoggio e perfezionamento morale tra artigiani e muratori), tale scelta è da ricercarsi nelle caratteristiche della pianta che, forte e delicata, non subisce i mutamenti stagionali ma si rinnova continuamente. Per la Massoneria l’acacia rappresentava il simbolo della resurrezione, la morte ideale che portava alla rinascita del pensiero. 

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